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al testo di Adielle
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Oh, avere bisogno di che? Gestire il frangente con tutta la grazia circostante l' effetto serra di una bellezza collaterale e avere le palpebre solo per tornare a guardare le albe che fanno male agli occhi.
Coricarsi sull' orlo della gola dove gli urli trattieni a fatica per paura che ti sentano i tuoi atomi nascosti nel midollo i nuclei.
E svelare a te stesso che sei ancora capace di gridare a squarciagola nella notte che infuria la sua parte sul palco della memoria.
Eppure certe volte quando piove avresti ancora voglia di morire per qualche secondo.
Così mi ardono e io consumo insieme a lenzuola di cartone cantando la canzone che mi hai insegnato per pregare.
Sarà il vetro che si appanna a far sbiadire le nuvole nel cielo ma le tue dita che lo sfiorano sembrano avere poteri magici.
Come m' inganni mia signora dei clandestini! Quanti mari hai diviso prima di tornare intera? Integra in te la fortuna negli amplessi dietro doppi vetri.
Quando sospesero la luce per abituarti al buio mirasti al cuore come bersaglio e il veleno fece il resto.
Il crocifisso di traverso e un pezzo di manzo in mezzo ai denti. La disperazione che la prese puoi capirla solo da immortale. Tutta questa storia delle ali per volare è immaginaria, in realtà basta abbandonare il proprio corpo e non aver paura di allontanarsi da esso.
Così mi ardono e io consumo insieme a lenzuola di cartone cantando la canzone che mi hai insegnato per pregare
O tornare in orario per la veglia secondaria. In cui tutta la realtà prende coscienza di essere stata abbandonata alla nascita e morire è solo andare da capo.
Cercare il verso delle fionde in mezzo al bosco è un ricordo di gioventù e nello specchio vedo un vecchio di mezza età.
Potessimo, solo con un pretesto, catturare la natura fragile di un amore sognato sarebbe vietato scoparsi l' anima.
Così mi ardono e io consumo insieme a lenzuola di cartone cantando la canzone che mi hai insegnato per pregare
Mi diverto moltissimo qui così mi addormento sulla sedia davanti al computer Io chi?Poi ed elenco le mie solitudini quando sul più bello mi danno fuoco certi rigogliosi figli del potere
che per guadagnare spazio chiameremo bullismi con le mani sui fianchi e la cena in tavola un posto a sedere della distanza a misura per i nostri decibel.
Volevamo solo riscaldare un barbone la loro ultima dichiarazione spontanea.
Benzina sulle lenzuola di cartone tirate fin sopra la testa.
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